Uno, cento, mille Sant’Antonio col porcello

Immagine

Nella foto da sinistra il collezionista Pierluigi Benassi e la storica Laura Fenelli

Pianoro (Bologna)

Se uno cita Sant’Antonio l’altro potrebbe chiedere: «quale dei due?» riferendosi ovviamente ai santi “da Padova” e “abate”. Scoprendo poi, grazie a una mostra allestita nel Museo di Arti e Mestieri “Pietro Lazzarini” di Pianoro, e alla conferenza di Laura Fenelli svoltasi il 25 gennaio, che di santi Antonio abate  ce ne sono una caterva. Da quello in saio monacale col bastone a “T” (il Tau egizio), attorniato da vari animali, a quello in abiti vescovili con mitra e bastone pastorale.

La conferenza della storica dell’arte medievale e la mostra di santini, con centinaia di Sant’Antonio abate del collezionista Pierluigi Benassi di Monteacuto Vallese (San Benedetto Val di Sambro), ha dimostrato che col tempo il santo leggendario, eremita nel deserto egiziano tra il III e IV secolo dalle troppe reliquie sia stato utilizzato modificandone figura e venerazione a seconda di paesi, usi, costumi e necessità.

Con la mostra che sarà visitabile a ingresso libero, fino al 16 febbraio, il sabato e la domenica dalle 15 alle 18. Informazioni: 051.6529105; info@museodiartiemestieri.it; pierluigibenassi@acantho.it.

Laura Fenelli, studiosa di iconografia religiosa e agiografia, è autrice di due libri sul tema: “Il tau, il fuoco, il maiale. I canonici regolari di sant’Antonio abate tra assistenza e devozione” (Cisam, Spoleto, 2006) e “Dall’eremo alla stalla. Storia di sant’Antonio abate e del suo culto” (Laterza, Roma-Bari, 2011). Dalle ricerche emerge infatti che il santo, cambia ruolo e immagine con un trasferimento di reliquie. La cassa con le sue ossa arriva, nell’XI secolo, nel sud della Francia e Antonio diventa patrono di un potente ordine di canonici regolari, gli antoniani, destinato a diffondersi in tutta Europa.

Con gli antoniani che pretendono il monopolio del culto per il santo, anche per motivi economici, per i tanti che nei secoli si rivolgono al santo chiedendo la grazia e, soprattutto, la guarigione dal fuoco sacro. Gli antoniani erano infatti ospedalieri che si dedicavano all’accogliere e curare i malati affetti dal fuoco sacro, o fuoco di Sant’Antonio. Con Antonio che diventa taumaturgo, padrone del fuoco, che guarisce dalla malattia, ma anche, se offeso, vendicarsi e punire».

Come poi mostrano i santini di Benassi – definito “il re dei santini” dato che ne possiede alcune migliaia – la devozione popolare infine trasforma l’asceta eremita in un santo contadino, protettore degli animali, venerato nelle campagne e nelle stalle. Con tra il pubblico che ha assistito alla conferenza anche lo scrittore e studioso della cultura contadina e montanara, Adriano Simoncini, a ricordare che in occasione della festa del santo, il 17 gennaio, con la benedizione degli animali i parroci di campagna consegnavano anche un fiocchetto rosso da appendere nelle stalle… contro il malocchio; non si sa mai.

Giancarlo Fabbri

Informazioni su savenaidice

Giornalista freelance
Questa voce è stata pubblicata in Uncategorized e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento