E’ alla Cicogna l’opera massima di Glauco Gresleri

OM 03 Gandolfi Travoni

Le enormi travature durante la loro realizzazione

San Lazzaro (Bologna)

Con la realizzazione della rotatoria alla Cicogna di San Lazzaro, a raccordo delle vie Emilia, Fondè e Moro, è stato dato il via anche al ridisegno con ampliamento delle strutture commerciali del comparto ex OM Gandolfi. Comparto progettato dall’architetto Glauco Gresleri scomparso un anno fa, il 15 dicembre 2016, a 85 anni di età lasciando dietro di sé opere a Bologna e non solo. Ma molti non sanno che la sua massima opera di architettura è l’ex OM Gandolfi, ora Globo.

Struttura che fu ristrutturata e recuperata a usi commerciali nel 2002 dopo oltre 15 anni di raduni rave, vandalismi e abbandono. Un’opera d’arte sotto gli occhi di tutti, ma sconosciuta nel suo valore estetico e tecnico. L’ex stabilimento OM Gandolfi, officina, autosalone veicoli commerciali e industriali in angolo fra le vie Emilia e Moro, è infatti un complesso di edifici, avveniristici nell’epoca di costruzione, anni 1962-1963, oggi tutelati dai Beni artistici e architettonici, come uno degli esempi più interessanti di architettura industriale moderna.

La caratteristica più saliente è l’edificio principale con il suo salone a base quadrata di 70 metri di lato e una superficie di 5mila metri quadri completamente libera da muri, pilastri o colonne. Questo grazie alla copertura composta da cinque enormi travi in cemento armato a “Y” in grado di sostenere, oltre al loro peso, un carico di cento tonnellate.

Un recupero importante (anche se Gresleri criticò l’abbattimento dei cedri sulla via Emilia, ndr) perché dopo la chiusura dell’OM Gandolfi l’edificio fu lasciato in uno stato di abbandono che poteva condurre al degrado ma invece, e per fortuna, ha resistito alle ingiurie del tempo e dei vandali. Più volte i capannoni hanno accolto rave party, barboni, irregolari e zingari. Tuttora oltre all’edificio principale ce né un altro lungo e stretto sul retro adibito alla vendita di abbigliamento sportivo, l’ex palazzina degli uffici di cui una parte fu demolita, un ulteriore edificio, più esterno, oggi sede di uno sportello bancario.

Per tale opera l’architetto Gresleri ha ottenuto il Premio “In Arc”, nel 1966 e nel 1990, oltre al premio “Twentieth Century Engineering” del Museo d’Arte Moderna di New York nel 1966. E’ stato anche corrispondente dell’incarico ad Alvar Aalto per la chiesa di Riola di Vergato, per la ricostruzione del padiglione dell’Esprit Nouveau di Le Corbusier, a Bologna, e dell’incarico Richard Meier per la “Chiesa del 2000” a Roma. L’architetto bolognese è stato quindi uno dei maggiori esponenti dell’architettura d’oggi e lo dimostrano la vastità del salone dell’ex OM Gandolfi alla Cicogna di San Lazzaro.

Eseguire le cinque gigantesche travature a “Y” in opera non fu certo un gioco da ragazzi, ce ne si rende conto alzando gli occhi all’interno dell’edificio principale, sollevando molti problemi tecnici, strutturali e climatici. Costruire in opera le grandi casseforme in legno con una curvatura adeguata a compensarne poi l’assestamento, e le armature metalliche, fu come varare cinque ponti lunghi 75 metri. Ma uno degli scogli principali insorti al momento della gettata del calcestruzzo fu la bassa temperatura dell’inverno 1962-1963, col cemento che gelando si induriva col rischio di creare dei vuoti, superata facendo grandi falò accanto alla centrale di betonaggio. Glauco Gresleri era un uomo che accettava le sfide e quella, mettendo in gioco la sua carriera, la vinse.

Giancarlo Fabbri

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Giornalista freelance
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